Un breve scorcio di composizioni poetiche
... il vero scrittore possiede umile sensibilità che giunge dall'anima e rivive impressa su di un foglio.
Ad occhi aperti libera senza paura le proprie emozioni, a narrar la libertà di nuove linee sul tramonto ...
Anche il silenzio fa rumore
Mai saprai,
quanto bene io ti voglio,
languidi silenzi continueranno
a guardarti dolcemente
come tu non saprai.
Dissiperò le mie dita
sporche d’inchiostro
che sapranno parlarmi di te,
dei tuoi viaggi selvaggi
rincorsi in groppa al tuo
cavallo corvino.
Ti avvertirò ogni volta
in questo foglio bianco,
tra l'incanto e il disincanto
di chi vuol viverti
profondamente nel rumore
del proprio silenzio,
che mai saprai.
Emanuela Di Stefano ©
Pubblicata sull'Antologia poetica Ischia Mare & Poesia, a cura di Bruno Mancini e Roberta Panizza.
L'acerbo seno di Malika
Mai
lacrime laveranno
la mia pelle gelida,
ma non tremo,
non sorrido,
non amo,
contemplo il vuoto di altre vite
che cerco lassù dove nessuno
arriverà a sporcarle.
Le mie figlie femmine resteranno
un ricordo dell’ennesimo coito
che sopporto nel mio acerbo grembo.
Cos’è un brivido d’amore?
Uno sciocco capriccio che
non mi è concesso conoscere
in questa vita.
Il mio corpo è solo un ombra
riflessa ad uno specchio deforme,
lacerato da mani che giustiziano carne,
mente e cuore.
Mentre fuori tutto primeggia
e stride tra le piaghe di un era,
io con dolore busso a lei,
la mia luna santa e oscena,
seducente e goffa,
generosa e infame,
ma regina libera di acrobati petali
lasciati cadere sull’ansimare di
demoni assetati di dolore,
ma digiuni dell’onore.
E’ questa la vita?
Un freddo sguardo,
ed io sopravvivo su questa
distesa di rabbia,
grido ma immobile ancora resto
lacerata da questo labirinto
che cresce senza una fine e
inizia dietro la mia assenza forzata,
che resta e parte.
Sì signori mentre io qui recito
il crocevia di una pessima attrice,
voi lasciate invisibili impronte
sulla mia sabbia,
abusata ogni istante dal vento.
Emanuela Di Stefano ©
La poesia ha partecipato ed è arrivata tra le 20 finaliste al Premio "Adotta una poesia" organizzato dal Progetto "LENOIS" di Bruno Mancini
Il mare il pescatore ed io
M’assopisco sul tuo letto
e tu mi racconti
di un pescatore senza remi
innamorato di te e di me.
Un uomo libero e audace
che intride i suoi occhi
da una terra all’altra,
che m’incendia
da una duna all’altra,
come tu infrangi
le onde sugli scogli
per placar le braccia piene al tocco,
verso la meta a me più cara.
E’ gonfio il respiro e
m’accompagna in questo sogno
da raccontare al mondo.
Non vi è limite
a questa nostra passione,
sempre in movimento affonda
morbidi baci, ingordi
e divorati sulla tavola
imbandita di una notte d'amore.
Emanuela Di Stefano ©
Brindiamo
Mangiami fino a stordirmi
con il tuo canto imperfetto,
che come il mare s' infrange
sulle mie mani tinte
nel tenero palmo.
Stringimi e intingi,
che niente altro è più lussuoso
del succo che sgorga.
Irriga ogni fibra,
ed io d'amor sfoglierò
ogni tuo desiderio di rosso...
Cin cin.
Emanuela Di Stefano ©
Catherine e le sue notti liriche
Proprio quando l'oscurità
sembrava più densa,
fiera la notte mostrò con un palpito
i suoi silenzi e i suoi interminabili colori.
Catherine inerme rimase, e
dinanzi la bellezza della volta celeste
si ammantò di stelle,
cantando la passione sotto l’ingenua luminescenza lunare.
Persa nell'universo
aprì un poco le palpebre
e tutto apparve ovattato e misterioso.
Accanto a lei l’essere della buona sorte,
saggio si posò,
un grido levò e la sua anima chiamò.
Là dove tutti gli altri non seppero fare,
l’avrebbe in ogni tempo accompagnata
nei suoi canti lirici,
desiderando insieme il bel mattino.
Emanuela Di Stefano ©
Er cortile caciarone
Na majetta appennicata
sur cemento sè trovata,
ciondolante come na foja,
se voleva liberà.
Ma er cortile caciarone
je gridò a gran vocione:
-ndo voi annà,
fori de quà nun sapresti cha fà,
nanrtro cortile come me
ndò lo vai a trovà?
Sò er più bello e colorato,
co tre sordi io so nato
e ancora arzillo pijo e sbarzo
come n’grillo…
So stranito quarche vorta
ma co li gatti amici mia
se mettemo a immaginà,
Roma nostra sotto le stelle,
cor venticello che c'iarinfresca la pelle.
Emanuela Di Stefano ©
Na maggia
Me moro de bacià
la bocca tua,
m’ bocciolo de rosa
che m’aricorda l’amore
su quella via.
N’sentimento de na vorta,
quanno te vidi tra la gente
e me parevi n'arba piena de maggia.
E oggi sto qua
sotto a li piedi tua
pe ditte che ste’ delicate immagini d'amore
ce l'ho fotografate a meravìa
drento li sogni mia.
Emanuela Di Stefano ©
Amnesia Afasia Agnosia Aprassia
Crudele è la prigione
che annega i ricordi nell’oblio,
spietati gli occhi che non
riconoscono più
“E tu chi sei?”
Io sono la mano
che si posa sulla spalla,
le braccia che ti stringono
come una volta,
un tramonto che appare e poi svanisce nell’angolo in alto del soffitto.
l’emozione dolce verso un altra vita.
Emanuela Di Stefano ©
Animalizzazione
Tutti insieme a defecare,
donne, uomini, bambini
accovacciati in una buca comune
di urina e
feci decomposte.
All’improvviso un profumo
di violetta lo richiamò ad occhi chiusi
al ricordo di sua madre,
quella donna di rara bellezza
ora invecchiata nell’anima
ora senza capelli,
ora solo un numero,
ora dal grembo vuoto
e ridotta ad animale
per volere di una torbida
“passione”
delirante.
Non volle smettere di raccontare
quella nobile creatura
che nei sogni si liberava ogni notte,
traboccante d’amore
ricca di dolcezza
in quella vita mai vissuta
insieme alla sua famiglia.
Ringrazio Carlo, nipote di Gavriel, in ebraico גבריאל un reduce
del lager Nazista di Modena, per avermi voluta viva nei ricordi
di suo nonno, dal suo racconto e nella commozione reciproca sono nati questi versi.
Emanuela Di Stefano ©
Arrivi e partenze
Ultime foglie,
lontane dagli sguardi
si posano svanite.
Il tempo le perderà
rimestando sapori antichi.
Figli di un arida terra
restiamo legati a lei,
come semi sterili trascinati
nel silenzio roco e calpestati
da un mondo d’ignari.
L'uno lo specchio dell'altra,
gli arrivi e le partenze
d’ogni stagione,
un abbraccio stretto
che scalda le spalle
ma tutto tace sull’asfalto
disegnato da piccoli miraggi.
Illusioni scandite dal passo cieco
di chi non vuol rinunciare
alla strada del ritorno,
di chi non vuol rinunciare
a quel fratello con le sue
stesse rughe nude e sfinite,
di chi non vuol rinunciare
ai suoi cenci sporchi e onesti
dispersi su sentieri mai rinvenuti.
Pagine sempre uguali,
memorie di una lei e di un lui
riflessi negli occhi che
non riescono a sottrarsi.
Occhi come l’eco di un pozzo ubriaco
che chiama,
che chiede,
che tende la mano,
che suona melodie
da un pianoforte vergine.
E mentre in bilico
l’eterno attende
nuovamente si cade per poi camminare
lungo cantieri di ponti sospesi.
Versi liberamente ispirati all’opera pittorica impressionista
“Bahnhof Saint Lazare in Paris” di Claude Oscar Monet (1840–1926)
Emanuela Di Stefano ©
Al centro di un corridoio bianco
S’incastrano lacrime che
non vogliono smettere di annegare.
Vorrei un sol cuore,
una sola memoria
e divenire unico corpo,
più forte per sfrondare il tormento.
Nessuna parola soffoca l’impotenza,
l’attesa che travolge e logora
quel tempo immobile,
nessuna insicurezza adesso
solo ore, attimi che non passano mai.
Un vuoto irreale spinge il tempo
verso un limbo che assale,
che sporca la pelle di gelida impotenza.
Isolato il cuore parla,
tenta di afferrare l’aria
oppressa da quel masso
indigeribile e irreale.
Una prigione per questi pensieri
che si guardano intorno,
e sfiorano un muro
che non vuol cedere.
I ricordi scorrono all’indietro,
una pellicola in bianco e nero
si dispera senza parlare,
sapori odori suoni appaiono
lontani cancellati da
questo momento ricco
di autentica paura.
Paura inesorabile, inclemente,
cruda e troppo reale per essere vera.
“Tu hai una luce lasciala entrare,
tu hai chi ti asciuga le lacrime
lasciati toccare,
io custode delle tue pene,
io discreto e silenzioso rifugio
piccolo ma sicuro
proprio al centro di quel corridoio bianco”.
Emanuela Di Stefano ©
La Fenice
Con le spalle in pena
e il sentir affranto,
ruzzolavo sovente
nell’oscura visione di un
errato arbitrio.
Oggi un timido violino
portato dagli angeli
suona a placar l’anima mia,
e una dolce melodia
m’apre le porte
su terre ignote,
dal cuor rovente.
Vorrei dipingere il fuoco
che scintilla ed
il mare che mi culla.
Entrare nelle braccia del vento
per rinasce ancora,
e per sempre senza paura.
" Post fata resurgo "
Emanuela Di Stefano ©